Milano_Parma_A/R
di DeerSpensa_Studio @deer_spensa_studio
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Era il 20 giugno del 2011 quando ho scattato questa foto, la prima di una lunghissima serie, avevo iniziato a lavorare a Parma da ormai quasi tre mesi, e non immaginavo assolutamente che l’avrei fatto per così tanto tempo.
Era il mio primo lavoro vero, il mio primo lavoro della mia nuova vita.
Iniziavo a vivere di sola fotografia. Un sogno che diventava realtà.
Durante tutto il giorno ero in redazione a Parma tra cucina, studio fotografico ed un mestiere da imparare, quello del fotografo di still life, per giunta di food, per dirla tutta di quelli da banco ottico, cavalletto, pinzette, luci, flash, specchi e pannelli riflettenti.
Affascinante senza ombra di dubbio, ma un mondo tutto nuovo da esplorare in assoluta autonomia, silenzio, rispetto e voglia di fare, di buttarsi in questa nuova avventura e viverla tutta perché io sono fatto così, mi piace sudare fare fatica andare avanti a testa bassa per la mia strada anche se lunga e un po’ tortuosa, anche se una strada un po’ più facile e breve magari c’è, ma non è la mia. Me lo diceva sempre anche mio padre: “sempre la strada più difficile devi scegliere tu”.
E così con pazienza e determinazione ho iniziato a fare l’operaio della fotografia, era quello che volevo, anche se non lo immaginavo, una gavetta dura e lunga; sveglia tutti i giorni alle 6:15 due ore di viaggio da Milano a Parma per raggiungere lo studio fotografico ed altre due ore per tornare la sera a casa intorno alle 20 se tutto va bene, se i treni sono in orario, se non ci sono scioperi, se non nevica e soprattutto se si finisce di lavorare in tempo.
Di anni fatti così, ne sono passati 6 e di strada sia fisicamente che metaforicamente per fortuna ne ho fatta tanta.
Vivere di fotografia è bello, farle tutti i giorni ha i suoi pro ed i suoi contro, fare centinaia di foto al giorno a volte stanca, a volte ti riempi la testa di immagini che alla fine ti sembrano tutte uguali, ma per fortuna c’è il viaggio in treno e tra i mezzi pubblici a Milano che fa un po’ da decompressore ed aiuta a svuotarsi piano piano di tutte quelle foto di cibo fatte durante il giorno.
Sono nati così questi scatti, per darmi la possibilità di nutrirmi anche di altra fotografia, perché per svuotare la mia mente dagli still life di food avevo bisogno di riempirla d’altro, di altre foto si, anche se può sembrare strano, perché quando ami profondamente la fotografia diventa un po’ anche il tuo demone e non fai altro che pensare a lei, a volte la odi perché non riesci a pensare ad altro, ti svegli al mattino e ci stai pensando, ti addormenti e ci stai ancora pensando a quella foto, a quello che vorresti fare e dire con quelle foto.
Ed io volevo raccontare il mio mondo ed il mondo di chi mi circondava, di chi condivideva e condivide con me quelle strade quei mezzi e spesso quella fatica. Ho iniziato a fotografare quello che vedevo “nel finestrino” e “dal finestrino” che erano ormai diventati il mio modo di vedere le cose l’avevo identificata così questa idea, anche se man mano che andavo avanti mi accorgevo che in realtà il mondo esterno “dal finestrino” non mutava granché, restavo sempre tutto un po’ uguale a parte il passare delle stagioni, era il micro mondo “nel finestrino” che anche se simile variava ogni giorno ed ogni giorno mi affascinava osservare un po’ anche ipnotizzato chi mi circondava.
Ed ho scattato tanto in questi anni, centinaia e centinaia di volti, ma soprattutto ho imparato molto. Ho visto tanta gente felice tanta triste, tanti in difficoltà tanti spensierati, tanti andare in vacanza tanti non fermarsi mai, tanti rubare tanti offrire generosamente in cambio di un sorriso ma spesso di nulla, ho visto gente esser picchiata per niente e gente difesa da sconosciuti, ho visto gente dormire disperata o innamorata, gente alla ricerca di qualcosa gente accontentarsi di quello che ha, tutto questo solo scattando fotografie, purtroppo senza mai parlare con loro, troppo poco tempo, tutto questo solo viaggiando “on the road” e metabolizzando nel tempo le mie stesse immagini che forse solo ora iniziano ad avere un senso, perché ad esser sincero facevo fatica io stesso a trovarlo, ma ora mi sembra tutto un po’ più chiaro ed io mi sento ancora più fortunato di quando più di sei anni fa iniziavo il primo dei miei tanti viaggi quotidiani sulla strada proprio come tanti altri, ma in un certo senso ora non più solo ma insieme a tutti loro che negli anni ho incrociato e che certamente mi hanno arricchito.
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