Pino Daniele - Nero a Metà
by Marco Spagnoli @marco_spagnoli
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Introduction
“Pino Daniele – Nero a metà”, un ritratto intimo e profondo della vita e carriera del cantautore napoletano, una delle figure più importanti della musica italiana.
A 10 anni dalla scomparsa di Pino Daniele, il documentario sarà l’occasione per riscoprire l’uomo dietro l’artista, grazie ai racconti e le emozioni racchiuse in uno dei suoi album più rappresentativi.
Prodotto da Fidelio ed Eagle Pictures, per la regia di Marco Spagnoli, “Pino Daniele – Nero a metà” ripercorre la prima parte della carriera di Pino Daniele. Attraverso gli occhi di Stefano Senardi, amico di lunga data e storico produttore di Pino, il documentario offre uno sguardo inedito sul legame tra l’uomo e l’artista, esplorando il lato più autentico e personale del musicista napoletano.
Senardi guida il pubblico attraverso una serie di interviste esclusive con alcuni dei più stretti collaboratori e amici di Pino. Una vera e propria celebrazione non solo della musica dell'artista, ma anche dei suoi pensieri, della sua passione per Napoli e della sua capacità di innovare continuamente il panorama musicale. Tra i protagonisti delle interviste, i musicisti che hanno accompagnato Pino Daniele nella sua straordinaria carriera, dando voce a storie ed aneddoti unici.
Dopo il successo per Franco Battiato – La Voce del Padrone, Miglior documentario al Nastro D’Argento 2022, Spagnoli e Senardi continuano il loro viaggio nella storia della canzone d’autore italiana.
Il regista Marco Spagnoli crea una narrazione che mescola immagini di repertorio, musica e testimonianze, dando vita a un percorso emozionale che esplora la cultura napoletana e il suo legame indissolubile con l’anima di Pino Daniele e rendendo Napoli un vero e proprio personaggio del documentario.
Girato in alcune delle location più iconiche e suggestive della città – come la storica casa discografica di Pino, le Catacombe e Mergellina – in “Pino Daniele – Nero a metà” le immagini di questi luoghi si fondono con le melodie di Pino Daniele, creando un’esperienza visiva e sonora che porta lo spettatore a immergersi completamente nel mondo dell’artista.
“Pino Daniele – Nero a metà” è diretto da Marco Spagnoli, scritto da Stefano Senardi e Marco Spagnoli.
Direttore della fotografia è Gianluca Rocco Palma e il montaggio è affidato a Jacopo Reale.
Il documentario, interamente girato a Napoli, ha la voce narrante e consulenza musicale di Stefano Senardi ed è prodotto da Daniele Basilio e Silvio Maselli per Fidelio e da Roberto Proia per Eagle Pictures.
Supplies
Everything you use to make a film: hard work on digital sound restoring.
Cercando Pino
Pino Daniele – Nero a Metà è il secondo capitolo di un’ideale e possibile trilogia che prevede un viaggio sentimentale nella musica italiana d’autore con protagonista Stefano Senardi. Senardi, infatti, è una personalità importantissima di questo mondo, che unisce – caso raro – una grande sensibilità artistica a un’intuizione industriale e professionale. Unisce il rocker e il discografico, l’appassionato e il professionista, e quindi mi sembrava la persona perfetta per questo itinerario intellettuale, ma anche lieve e romantico nelle menti e nelle vite di tre grandi artisti. Il primo è stato Franco Battiato – La Voce del Padrone. Il secondo è questo, il terzo, speriamo, possa essere Fabrizio De André – Le Nuvole.
Non conoscevo personalmente Senardi prima di cercarlo e incontrarlo per Battiato, poi, però pian piano siamo diventati amici, anche se per me la cosa più importante è riuscire a mantenere una giusta distanza dal Senardi personaggio, che è quello che il pubblico può vedere sullo schermo. Mi piace il suo sguardo tagliente e dolce, crudele e sublime, ma sempre pieno di speranza, di ottimismo e di passione. Qualità, queste ultime, che condivido anche io e che mi piace vedere mostrate sullo schermo.
Il lavoro di archivio è stato svolto dall’impegno e dall’immensa capacità di una straordinaria sceneggiatrice e regista di nome Manuela Tempesta con cui ho lavorato più volte e a cui chiedo, umilmente, di aiutarmi come ricercatrice in progetti complicatissimi come questi in cui abbiamo recuperato tantissime foto inedite e filmati rarissimi. Poi c’è il montaggio di Jacopo Reale, un autore che mi ha accompagnato fin dal mio secondo film Giovanna Cau – Diversamente Giovane e che, oltre a essere uno studioso del montaggio e delle possibilità offerte dalla tecnologia, è anche un grandissimo professionista con cui condivido una carriera, nonostante lui sia molto più giovane di me. Insieme a loro e Stefano abbiamo cercato, trovato, selezionato i materiali che il pubblico può vedere sul grande schermo.
Peraltro sia Tempesta che Reale mi hanno permesso di realizzare un altro documentario in uscita nel 2025 prodotto da Gianluca Curti di Minerva Pictures che in maniera ‘visionaria’, all’americana, mi ha chiesto di scrivere e dirigere un lavoro molto ambizioso: Bernardo Bertolucci – La Nostra Magnifica Ossessione, in cui l’impegno sui repertori è semplicemente pazzesco e lì non potrò mai smettere di ringraziare Fabrizio Zappi di Rai Documentari e i due produttori esecutivi Francesca Boselli per Minerva e Fabio Mancini per Rai. Se il lavoro sui repertori di Pino Daniele è già di un livello altissimo, quello su Bertolucci, per questioni anche tecniche, è “oltre”, con materiali incredibili.
Del resto sia Pino Daniele che Bertolucci raccontano la storia di due ventenni rivoluzionari che hanno cambiato la cultura italiana, e hanno diversamente influenzato le nostre vite. Ho trascorso il mio 2023 e il 2024 con due ragazzi eccezionali.
Una volta intervistando Leonard Cohen gli chiesi se ricordava di avere detto una frase in cui affermava che le canzoni che avrebbe voluto comporre hanno lo spirito e la popolarità di quelle che le donne cinesi cantavano lungo il fiume mentre lavavano i panni. Lui mi rispose che era vero, e che le donne non dovevano per forza essere necessariamente cinesi… Quando una canzone diventa un ritornello di qualcosa che canti sovrappensiero, quella è una canzone popolare.
I giovani cantanti che abbiamo coinvolto in questo film erano bambini quando Pino Daniele è morto e a uno di loro – particolarmente giovane – ho chiesto ‘perché Pino Daniele ?’ e lui ha risposto – è una confidenza e non voglio dirne il nome – “perché per me Pino Daniele era il cantante che i miei genitori sentivano tornando dal mare dandosi la mano. Io ero dietro e Pino era nel sedile con me a cantare”.
Questa è la musica “popolare”, la musica democratica che cambia le vite delle persone e resta con loro. Io sono un grande ascoltatore di musica sebbene, a differenza dei miei figli, non so suonare uno strumento, né tantomeno leggere la musica. Mio nonno aveva suonato il violino da giovane e aveva l’abbonamento ai concerti dell’orchestra della Rai di Napoli. Io, invece, posso dire che la mia vita è stata cambiata dalla musica rock dalla quale, in un certo senso, sono stato perfino salvato. Le canzoni ti danno le parole, quando non sai decodificare le emozioni che vivi.
Poi le parole cambiano, i musicisti ti prendono per mano e ti guidano alla scoperta di storie e di mondi differenti. Mia moglie è una beatlesiana, tanto per dire. La democrazia della musica sta nel diventare patrimonio di tutti e nel cambiare le vite delle persone. Le canzoni popolari da Fischia il Vento, Bella Ciao, Mamma sono quelle di cui storpi talora le parole e che canti come Troisi in Non ci resta che piangere quando prova maldestramente a sedurre una ragazza. Le canzoni che muovono qualcosa sono in genere canzoni popolari.
Per un ragazzino nato a Napoli nel 1970 Pino Daniele era una presenza importante con la sua Superband. Era un po’ come vivere nella città dove i Fantastici Quattro avevano il loro quartier generale. Io ascoltavo anche altri cantanti come Edoardo e Eugenio Bennato, Teresa De Sio e altri ancora, ma Pino Daniele era il “re” proprio per il suo coté popolare, per il dialetto talora incomprensibile per un ragazzino del Vomero come me, che veniva da una famiglia non napoletana.
Era, però, evidente che fosse un rivoluzionario che sfuggiva alle catalogazioni e le cui canzoni avevano qualcosa di insolente e incapace di rassicurarti. Pino Daniele lavorava sulla coscienza e sull’immaginario in maniera secca, diretta, con pochi spazi alla dolcezza, ma infinitamente aperta alla poesia, quella vera. Ovviamente basti pensare a canzoni come Bella M’Briana o il duetto con Richie Havens, Gay Cavalier. La sua musica pervadeva un’intera città e restituiva frammenti di un immaginario complesso e articolato. Poi io ho studiato alla Facoltà di Filosofia di Napoli ed è evidente che il suo mondo era quello che permeava il centro storico come in parte si vede nel nostro film.
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